I RESTI DI UN TEATRO (PARTE I)

Pubblicato da Alessandro Cozzolino. in News

teatro latinaHo condiviso le lettere inviate al Commissario prefettizio Dott. Barbato da P. Galante e l’attore  S.Pinotti  in merito alla chiusura dei due teatri, associandomi al plauso per la decisione presa. Ne ho già scritto , frammentariamente e , come si suol dire, a caldo su FB, reagendo anche al “proclama” di Pernarella. Ricordandogli  che lui, oggi, si erge a “tribuno della plebe” in difesa dell’annosa, vergognosa situazione del teatro cittadino senza ricordare che altri (tra cui lo scrivente), precedendolo nel tempo, hanno fatto una campagna di proteste ed insulti che nessuno ha inteso ascoltare. Ma al punto in cui siamo, assolutamente grave, è il caso di unire le forze, da qualsiasi barricata esse giungano. Quando si inaugurò il “tempio,” chi scrive segnalò che bisognava subito pensare a renderlo artisticamente e culturalmente agibile. Allora c’era Carlo Fino, che ci piace immaginare come “la buona persona del teatro” (espressione mutuata dal titolo “Der gute mensch von Sezuan”/Brecht), un funzionario del Comune che già da anni provvedeva ad organizzare spettacoli (Cinema Teatro Giacomini). Degna ed onesta persona, aveva delle buone conoscenze nel campo (attori, registi), semplicemente stipendiata senza oneri aggiuntivi. Si dedicò con passione ad avviare l’organizzazione  della nuova (in tutti i sensi) stagione teatrale in attesa che, in tempi ragionevoli, si procedesse a strutturare un progetto ed un organico di previsione per il funzionamento del teatro. Nel frattempo, al Teatro piccolo, successivamente e insensatamente intitolato a tale “Armando Cafaro”(per compiacere ad amici e parenti dello stesso, un attore amatoriale del luogo, grazie a Carlo Fino, ci furono spettacoli di spessore (crediamo di ricordare già in collegamento con la ATCL), per lo più sperimentali (M. Martone , Barberio-Corsetti, altri validi registi ed attori) Il Teatro  grande , a sua volta, fu denominato (con delibera comunale, Sindaco Finestra), altrettanto insensatamente, “Gabriele D’Annunzio”. Lo scrivente, allora consigliere, si oppose, chiese il motivo, gli si rispose: “perché D’Annunzio è uno dei nostri” ! Capì che nella e per la città l’opposizione altro non era che una “preposizione” dis-articolata!.Si dimise dopo un anno. Il buon Fino allestiva i cartelloni delle stagioni, a nostro giudizio meglio o comunque senza sostanziali differenze rispetto ad oggi; allora come ora “all’improvviso”. Nel senso che lui, magari per una innata propensione, agiva-operava come un “capocomico” della Commedia dell’Arte mentre, dopo di lui, tutti gli eminenti (!) personaggi (politici) ed operatori (funzionari) compresi i pochi da salvare, si sono rivelati  i burattini di un teatro delle marionette, direttamente o indirettamente responsabili dello sfascio indecente e progressivo. A partire dal Sindaco Zaccheo che, glielo riconosciamo, inizialmente sembrò animato da buone intenzioni tanto che ci chiese un progetto. Lo sottoponemmo a lui e all’Arch.G. Ceracchi (progettò il teatro con l’Ing. Antonelli), che fu un valido supporto Pur avendo buona dimestichezza col teatro, precisammo di esserci limitati alle nostre competenze di uomini di scuola; nel progetto, infatti, puntammo sull’aspetto della promozione, specie per le scuole. Portare i giovani a teatro non significa, sic et simpliciter, educarli al teatro né avviarli a fare teatro (a tale scopo, i laboratori, le accademie e affini.). In tal senso la promozione per/sulle scuole è un compito- complesso e delicato, non finalizzato allo spettacolo occasionale né ai “titoli” (di richiamo scolastico) né a  riempire il “forno” (la platea). Né tantomeno significa assegnare a chicchessia un ruolo  non  adeguato alla scopo. A  Latina, fino ad oggi, i giovani (e non solo) hanno avuto un esempio pessimo del teatro non essendoci, di fatto, un teatro inteso come spazio culturale, come luogo dove possano attivarsi e maturare delle idee. Uno spazio in cui la città si riconosca  vedi Piccolo Teatro di Milano o, sia pure con qualche sostanziale differenza, l’Argentina di Roma e tante altre città, non ultima Civitavecchia, che si distingue grazie ad un direttore artistico (Pino Quartullo) e ad una amministrazione comunale di sicura tenuta. Un teatro come luogo (permanente) di aggregazione, dunque, di intelligente divertimento e stimolo di curiosità intellettuali. Il progetto fu esaminato ed apprezzato. Nel frattempo, sopraggiunse Luca Barbareschi (imposto da Fini), il primo direttore artistico (una figura sollecitata e reclamata dai più avveduti tra cui noi)- che, dall’alto della sua arroganza, lo ignorò e  cestinò. La sua gestione, diremmo meglio “congestione” è famigerata. Per l’insediamento-inaugurazione ci fu una serata d’onore che ricordiamo come una delle più pacchiane spettacolarizzazioni. Intanto Zaccheo  si “inventò” la Fondazione, un baraccone incredibile per i modi e gli intenti in cui fu concepito. Di essa facevano parte, all’80%, impiegati e funzionari del Comune, tutti improvvisatisi e “decorati” gente esperta di teatro, tra cui Elena Lusena che millantava crediti a non finire (il TAR, in questi giorni, ha respinto il ricorso da lei presentato per essere stata rimossa come dirigente, allora direttore tecnico della Fondazione, M. Galardo Presidente). Praticamente, una Fondazione senza fondamenti né fondamenta (i partner, i contributi finanziari etc..), liquidata nel 2010 per debiti. Barbareschi, infatti, si fece gli affari suoi (non solo lui, ma lui più d’ogni altro), finanziò un suo spettacolo immondo (tratto dal “Gattopardo) per il quale distrasse fondi anche da voci di bilancio diverse dallo specifico, dunque, illecitamente. Il Comune dovette salvare la faccia rimuovendolo, pagando peraltro la penale per la rescissione del contratto. Morale: Barbareschi nulla combinò come direttore artistico, scombinò  quel che (già allora) restava del teatro (the remains of the theatre!) ovvero Il barile (i fondi) raschiato. Quest’anno, marpionescamente, è riuscito ad arrivare all’Eliseo di Roma riaffermando il suo status di direttore artistico. Provate a guardare il cartellone  della presente stagione: allucinante (qualcosa si salva al Piccolo Eliseo, chissà per quale “svista” o concessione ad amici degli amici). Scattò la disperata, convulsa ricerca del successore senza aver compreso bene (i politici), evidentemente, quale fosse il ruolo del direttore artistico, né occasionale né di rappresentanza, bensì di spessore culturale. Albertazzi, al quale pure si rivolsero, ringraziando declinò l’invito. Scrivemmo che in città c’erano soggetti di comprovata professionalità, ad esempio, Massimiliano Farau, una delle tante eccellenze di Latina. Affermatosi a Londra, quindi in Italia (Roma), regista ed intellettuale di indubbio livello, sarebbe stata una garanzia ed un risarcimento. Se ne parlò, la politica sembrava orientata in tal senso ma, al dunque, con gran battage pubblicitario, imbarcò Maurizio Costanzo. E Farau? Per non perdere la faccia, lo proposero come “secondo” a/di Costanzo! Amichevolmente e pubblicamente scongiurammo Farau di non cadere nella rete. Non essendo uno sprovveduto, signorilmente si dileguò. Costanzo rabberciò alla bell’e meglio un cartellone; nel (breve) periodo che fu in carica, venne una volta (la presentazione ufficiale), forse due. Anche lui, da vecchio marpione, ma almeno con un pizzico di dignità rispetto all’altro, venne, vide e se ne andò prima del previsto, con la dovuta remunerazione. Rimpiangendo vieppiù Carlo Fino, che almeno proponeva dei cartelloni non “compromessi”, noi con i più illuminati ci chiedevamo perché mai non si decidesse di sanare una situazione già di per sé insostenibile constatando che il teatro andava avanti per inerzia. Grazie al  buon senso e alla disponibilità dell’ “angelo custode” del palazzo, all’uopo anche direttore di sala, sovrintendente per caso e altro; di qualche impiegato o dipendente onesto ed operoso, di alcuni tecnici che lavoravano sempre più sulle proprie forze benché demotivati.

Giorgio Maulucci

I RESTI DI UN TEATRO PARTE II

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