HAUSPOSTILLE (Considerazioni domestiche a margine)

Pubblicato da Alessandro Cozzolino. in Dai blogger

Cozzolino_Maulucci IL  FESTIVAL  DELLA  SCUOLA 

Smaltite le prime tre “serate”, il festival di San Remo ministeriale (esami di “maturità”) entra nel vivo della gara con le prove orali, un’oralità accademica e oramai afona visto che da anni è affidata al dis-canto vale a dire alla diaphonia, ad una “aggiunta di voce in moto contrario”: la voce del candidato contro quella dell’esaminatore, a ritmo libero-alternato (cosiddetto colloquio)! Quanto alla riforma-buona scuola, ci sentiamo sempre più profetici e, quindi, colpevolmente orgogliosi di avere la conferma delle nostre previsioni circa la non attuabilità di essa. Lo abbiamo detto e scritto fin dal primo vagito di Renzi  a riguardo; dobbiamo registrarlo malinconicamente a tutt’oggi di fronte all’evidenza: nonostante gli emendamenti, niente da fare. Da parte nostra sottolineammo a suo tempo che davamo per scontata la collegialità circa la decisione (del Preside) di assumere, assegnare i docenti, valutarne l’operato etc. ; se ciò non fosse stato previsto, era da prevedersi e decretare. Trattandosi, infatti, di un passaggio talmente logico ed imprescindibile, si è proceduto agli emendamenti. Ma i sindacati e loro alleati –pentastellati indecenti e docenti a due stelle o “mediocri” (secondo l’accezione dantesca, “di mezzo”)- continuano a non essere d’accordo perché questa riforma non s’ha da fare per ostruzionismo ad oltranza, capeggiata dalla “brava” Camusso, la mal nominata. Gli esami di maturità sono l’emblema di una scuola che non vuol cambiare, anacronistici e di mera rappresentanza. A rimetterci sono tutti quei docenti di valore e, in tal caso, d’avanguardia per l’energia da loro profusa nel volere affermare un nuovo linguaggio e stile; per l’insofferenza di dover continuare ad esprimersi ed operare in un contesto superato. Ci auguriamo che Renzi vada avanti e scagli pietre contro il muro. Di non continuare a  sentire (sulla scuola) le penose dichiarazioni dei Cuperlo, Civati, Speranza (che tenerezza, pare un pulcino!) e dei loro eguali sopravissuti a se stessi.

DANTE  SECONDO  SERMONTI

E’ stata pubblicata una nuova edizione della Divina Commedia col commento di Vittorio Sermonti e la supervisione dell’illustre Gianfranco Contini (Bur,2015). La precedente (scolastica, Mondadori,1996), prefazione di Cesare Segre, in cero qual modo si “sovrappose” a quella storica ed autorevole di Natalino Sapegno. Già allora Sermonti leggeva Dante alla radio oltre che pubblicamente. “Sermonti è una guida che appiana ogni ostacolo, e che con le suggestioni del suo stile rende tutto avvincente o intrigante, attuale e appassionante” (Segre). Abbiamo già scritto che lui è vincente rispetto a Benigni, questi “commediante” di genere e non di stile. E’ Dante stesso a fornirci la chiave di lettura della sua Commedia così intesa non come genere ma come stile, appunto; uno stile “comico” cioè “mediocre” ovvero intermedio tra il popolare e il colto, dunque, medio-alto. E’ esattamente l’operazione che ha sempre fatto e continua a fare Sermonti, divulgando la geniale opera da accorto e sapiente lettore medioevale cioè da “predicatore” di strada o piazza, abile nel catturare l’attenzione mantenendo alto, però, il registro dantesco (filologico); evitando di tras-portare il pubblico sul versante della emotività epidermica e spettacolare come accade, invece, con Benigni. Con la nuova edizione Sermonti tiene fede a quel carattere “sponsoriale” che la Commedia aveva originalmente, di essere letta cioè pubblicamente a garantire (lat. sponsor =garante), assicurare l’alta valenza  etico-morale dell’opera,  a stabilire un im-patto (lat. spòndeo) con il pubblico sia dei lettori sia degli ascoltatori. Nell’ottobre del 1987 Sermonti scriveva:  “Questo libro….nasce per l’esecuzione radiofonica, con la quale condivide l’obiettivo essenziale: consentire a qualsiasi italiano dotato di cultura media, intelligenza e un po’ di passione di percorrere il più gran libro scritto in italiano senza interrompere continuamente l’avventura per approvvigionarsi di notizie, delucidazioni e varianti nei battiscopa di note che spesso rasentano il soffitto della pagina […]. E’ comunque innegabile che la destinazione radiofonica lasci tracce apprezzabili nell’edizione sa stampa. In primo luogo il passo discorsivo, direi meglio ‘vocale’…”.  La nuova edizione altro non vuole essere che un valore aggiunto alla precedente conservandone pressoché inalterati l’impostazione e i contenuti discorsivi e/o esplicativi; sopprimendo le note (scolastiche) opportunamente rielaborate ed integrate nel contesto narrativo. Il valore aggiunto, appunto, è l’aspetto “romanzesco” che contrassegna la Commedia come una grande, straordinaria “commedia umana”, un racconto in prima e terza persona di un viaggio che non abbiamo ritegno a paragonare, in analogia, allo “Ulisse” di Joyce e non solo per l’invenzione linguistica. Facciamo nostra perciò la chiosa di Contini: “….Di più la guida [Sermonti] è uno scrittore, che imprime icasticità al suo ‘racconto’ e si fa dare conforto e coraggio dall’ironia”. Nell’avvertenza all’edizione 2015  Sermonti annota: “ Questa edizione, che ha tutti i titoli per essere ‘definitiva’, integra e varia in modo apprezzabile le precedenti, accentuandone il registro colloquiale e diretto in ordine all’esperienza di una impressionante serie di letture pubbliche”. Tra le quali egli cita quelle integrali effettuate tra il 2003 e 2005 a Milano (S.Maria delle Grazie), a Firenze (Cenacolo di Santa Croce), a Roma (Pantheon). 

“COSI’  STRAPARLO’ TRAVAGLIO” (BOCCIATO  DA  ZARATHUSTRA)  

Bianco e cereo si mostra e di spettrale aspetto. Sentenzioso e spocchioso, non privo di barlume critico,  imbalsamato nel suo indomabile narcisismo e cinismo. Essere supremo e altezzoso, epigono di Zarathustra di cui, forse, crede di essere l’incarnazione, mendicata e pretestuosa. Lui parla come un libro sacro, ascolta dall’alto come seduto nell’Empireo (al posto dell’Eterno), impassibile e austero in attesa di profferire la risposta secca, trinciante e sprezzante. Lo sguardo di ghiaccio volto a fulminare chicchessia, pure la Gruber alla quale, a tale sguardo, per qualche attimo, le si sgonfiano pure le labbra (!). Ci chiediamo: è umano essere periodicamente sottoposti a subire cotanto strazio? Il “giovin signore” sarà pure intelligente, ma fastidiosamente manierato. Travaglio, neodirettore del Fatto Quotidiano sere fa, dalla Gruber, sembrava leggermente “rinsavito” ma pur sempre aderente al suo ruolo di “scrutinaparole”. Con nostra meraviglia è stato quasi accondiscendente nei riguardi di Renzi non mancando, però, di fare sottolineature sopra le righe (l’assonanza sotto-sopra vuole essere un omaggio alla sua facondia!). Quel che egli ostenta, più velatamente nella nuova veste e direttiva e dell’impaginazione del giornale, è comunque in linea col grillismo e i “dis-fattisti” secondo la massima tedesca (di stampo luterano) “Ognuno per sé e Dio contro tutti” del “Kaspar Hauser” di W. Herzog, film tratto dal romanzo di Anselm von Feuerbach (Kaspar Hauser,un delitto esemplare contro l’anima, 1832) e di J. Wassermann (Kaspar Hauser, l’ignavia del cuore, 1908). Ovviamente, Dio sono loro (grillini e dis-fattisti), sempre e inevitabilmente contro. L’espressione è dolorosamente congruente con i nostri tempi in cui il Dio vero e quello metaforico (loro) sono davvero avversi alle umane sorti (naturali, politiche, sociali), che paiono destinate a non avere scampo. Travaglio, dunque, di nome e di fatto: un travaglio ascoltarlo e vederlo per la sua saccenteria e sicumera. Più sobrio, tuttavia, almeno nel look, del suo simile Andrea Scansi, pure lui impettito ed imbottito di spavalderia, ma  divisticamente e giovanilisticamente più sfacciato, ancora più stronzo del “maestro”. La signora Gruber dovrebbe bandirli dal suo cenacolo. Non ci sembra, infatti, che abbia bisogno di due cicisbei vintage (cui va aggiunto il cicisbeo per antonomasia, l’insoffribile Fazio, che fa parte a sé), ai quali porge idealmente la tazza da tè mentre lei, sempre idealmente, lo sorseggia a tratti sospirando a tratti frignando. Ma chi te  lo fa fare, cara Lilli ! Noi ormai ti vediamo come la Primavera del Botticelli, tra l’onnipresente Massimo Cacciari –tutt’altro spessore e stile, mai ripetitivo- che qual novello Zefiro soffia o bofonchia sornionamente dall’alto (collegato in video) e Paolo Pagliaro, in attesa di essere messo “al punto” con frettolosa grazia. Insieme all’immancabile Beppe Severgnini dal candido casco, puoi contare davvero, Lilli cara, su un bel trio. Questi sì, vivaddio, sono uomini dai golden globe, altro che quelli del trio scassaballe.

(Giorgio  Maulucci)

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