10.000 euro ai 18enni? Io dico sì ed ecco il perché

Pubblicato da Alessandro Cozzolino. in News

cervelli in fugaContinuano ad andarsene dall’Italia perché essere laureati non offre maggiori possibilità d’impiego. Cosa che invece non avviene in area Ocse, dove tanti dei nostri giovani cercano la realizzazione alle proprie aspirazioni.

I dati diffusi dalla Corte dei Conti nel Rapporto sul sistema universitario 2021 evidenziano una persistente e costante emorragia degli italiani laureati: rispetto al 2013 sono aumentati del 41,8% quelli che se ne vanno e cercano fortuna all’estero a causa di limitate prospettive occupazionali e mancanza di un’adeguata remunerazione.

La quota dei giovani con una laurea resta inferiore rispetto agli altri Paesi Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico conta 36 paesi membri: Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, Repubblica Slovacca, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria). Un fenomeno “riconducibile sia alle persistenti  difficoltà di entrata nel mercato del lavoro sia al fatto che la laurea non offre, come in area Ocse, possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore”.

Università poco accessibile ai meno abbienti:

Nell’osservare il mancato accesso o l’abbandono dell’istruzione universitaria dei giovani provenienti da famiglie con redditi bassi, la Corte dei conti attribuisce la circostanza, “oltre che a fattori culturali e sociali, al fatto che la spesa per gli studi terziari, caratterizzata da tasse di iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie, vista la carenza delle forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti”. E su questo un aspetto, ancora a detta della magistratura contabile, è necessaria “un’opera di aggiornamento e completamento dell’attuale normativa per dare piena attuazione alla disciplina del diritto allo studio con la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e l’attivazione degli strumenti per l’incentivazione e la valorizzazione del merito studentesco”.

Alla luce di queste osservazioni mi pare evidente che la proposta del Partito Democratico, di dare una dote ai 18eeni, vincolata a determinate attività come la formazione e il lavoro, finanziata con una tassa a chi ha più di 5 milioni di euro di patrimonio non sia un’idea peregrina, ma che punti a rilanciare questo Paese e che lo porti a investire davvero sulle nuove generazioni senza produrre debito pubblico (che poi le stesse nuove generazioni si vedranno costrette a pagare).

Si, a parere mio questa proposta è corretta da un punto di vista di giustizia sociale, di visione del futuro, di rilancio del Paese. E per questo va sostenuta.

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